"La Fine dei Tempi": intervista a Virginio Lini
«Le quattro sfere che ho dipinto sui lati del quadro rappresentano i quattro elementi. Terra, aria, acqua e fuoco. E il caos prima dell’Apocalisse non ne risparmia nessuno».
Virginio Lini è il pittore di San Daniele Po che esporrà a Palazzo Fodri - Corso Matteotti 17 - da sabato 21 ottobre, ore 16:30, fino a venerdì 5 gennaio la sua ultima opera, “La Fine dei Tempi”, tre pannelli di olio su tela accostati l’uno all’altro per 8,40 m di lunghezza e 3m di altezza. Due anni di lavoro che fondono con lo stile figurativo il classico col contemporaneo. L’evento a Palazzo Fodri è inserito nel programma della Festa della Fondazione Città di Cremona insieme a diversi appuntamenti tra settembre e novembre.
Maestro Lini, dopo “Il mio Verdi”, un quadro lungo più di 50 metri che ha esposto a Santa Maria della Pietà qualche anno fa, ora si è concentrato su un tema religioso come l’Apocalisse.
«È l’attimo prima della fine, quando i buoni e i cattivi si dividono. C’è il tema della fede, ma il mio richiamo è anche all’attualità. Tutti i miei lavori prendono spunto dall’arte del Rinascimento. Da Rubens a Raffaello. Sulla tela io poi tratteggio e dipingo quella che è la fotografia dei miei tempi, l’attualità umana e politica».
Si ritrova in quello che ha detto Tiziana Cordani, curatrice della mostra e responsabile del patrimonio artistico della Fondazione Città di Cremona, che ci ha descritto “La Fine dei Tempi” come una grande teatro politico?
«Il dipinto in effetti è ricco di personaggi. Ci sono gli ignavi danteschi destinati all’inferno, per questo dipinti in rosso. C’è il richiamo alla Morte, un’Amazzone a cavallo ripresa da Rubens. Compaiono anche gli uomini che non temono la fine, omaggio all’opera di Signorelli nel Duomo di Orvieto. Per molte figure ho scelto il verde, un colore che dona luce. A destra dell’opera mi richiamo poi a La Zattera della Medusa di Géricault. Come la Francia dopo la grandeur, anche il nostro mondo naviga oggi in acque tempestose dopo la crisi finanziaria».
Lei ha modernizzato il Giudizio Universale, inserendo personaggi del mondo cremonese. Ma questo “teatro” su tela è tragico?
«Chi guarderà il quadro trarrà le proprie conclusioni. Proprio per questo sul lato destro dell’opera ho dipinto un cielo con un arancione che potrebbe suggerire sia un’alba che un tramonto. Un nuovo inizio, speranza dunque, oppure no? Ho preferito abbandonare le immagini classiche del male. I demoni in passato venivano ritratti come dei mostri con le corne, volti trasfigurati. In realtà nel mio dipinto sono uomini come tutti gli altri. Maschere insospettabili che nascondono la propria crudeltà».