30/06/20

PREMIO BARBIERI 2020 / 2 L'IMPEGNO DEI GIOVANI DELLA CROCE VERDE

"Queste giovani risorse sono un esempio per tutta la popolazione per il grande impegno rivolto alla comunità, e la loro grande disponibilità di tempo dedicato all'associazione in particolare durante l'emergenza Covid19". Il presidente della Croce Verde di Cremona, Luciano Grazioli, non ha dubbi sul fatto che tutti i volontari under 28 meritino un riconoscimento. Dieci quelli segnalati per il premio Barbieri: Letizia Aglio, Roberta Aglio, Sebastian Amighetti, Marta Capelli, Jessica Chicchini, Ilenia Di Battista, Angela Erbì, Roberto Ferrari, Filippo Frigè, Samuele Grazioli.
Cinque ambulanze messe a disposzione dall'associazione, tutte impegnate nel trasporto malati, fin dalle 17.15 di quel venerdì 21 febbraio, quando la Croce Verde di Cremona viene chiamata in quella che sarebbe diventata dopo qualche giorno 'zona rossa'. Su una di quelle prime ambulanze c'era Roberto, 25 anni, volontario dal dicembre 2016: "Avevamo poche mascherine Fp3, solo quelle che c'erano in dotazione per l'ordinario, nessuno pensava a una emergenza di quel tipo. Di trasporti poi ne ho fatti tanti, tra Cremona, Bergamo, sul Milanese, con turni ininterrotti di diverse ore. Molti di questi viaggi erano per liberare i reparti dell'ospedale di Cremona che giorno dopo giorno venivano destinati ai Covid. Il terrore che ho visto negli occhi di pazienti molto critici è qualcosa che non ho mai visto in tutta la mia vita". "Un caso, ricordo in particolare: il 118 ci aveva indirizzato a casa di un malato molto grave, che però si è rifiutato di salire in ambulanza: non voleva lasciare la moglie. Allora, insieme ai figli, seppure a distanza abbiamo cercato in tutti i modi di trovare ossigeno, abbiamo usato quello che avevamo in dotazione, ma ne serviva ancora. Vedevamo che la situazione si stava aggravando, la saturazione del sangue era bassa e questo poteva comportare danni cerebrali ... il respiro si faceva sempre più accelerato, mi veniva da piangere".
"Mi hanno colpito anche tanti ragazzi giovani - aggiunge Roberto - di 18, 19 anni, in brutte condizioni. Mi chiedevo come fosse possibile tutto ciò, eravamo agli inizi, si sapeva poco della malattia e secondo me anche adesso in tanti non si rendono conto della sua gravità".
Sebastian, 28 anni, rappresentante, ha avuto pure la sventura di contagiarsi ed è stato quindi in quarantena tra marzo e aprile, ma era in servizio sabato 22 febbraio. "Abbiamo subito cominciato a trasportare pazienti nei vari ospedali, il viaggio più lungo probabilmente è stato fino a Como. Mi ha molto impressionato lo sgomento dei famigliari che si vedevano portar via il malato da casa senza certezze sulla destinazione, e in alcuni casi era stato detto loro di salutare definitivamente il loro congiunto... e poi è stato straziante dover soccorrere bambini sotto l'anno di vita".
Jessica ha 26 anni, studia per diventare Oss ed è volontaria dal 2016. L'interruzione di tutte le attività scolastiche le ha fatto interrompere il corso e adesso è in attesa di inizare il tirocinio. Ma l'esperienza dei mesi passati, l'ha resa molto più forte e motivata. "Il primo trasporto che ho fatto è stato un secondario urgente, una persona con sintomi molto pesanti, dovevamo portarlo a Milano. Devo dire la verità, ero molto spaventata". Jessica si è trovata anche nella situazione in cui il paziente era un volontario della sua stessa associazione: "Era a casa sua, stava male ma non voleva farsi ricoverare. Luciano (il presidente) lo ha praticamente costretto e io ho fatto il trasporto. Quando il paziente è uno che conosci è molto diverso, non trovavo le parole per dirgli che andrà tutto bene. Alla fine è stato lui a tranquillizzarmi. Da pochi giorni ho avuto la gioia di fare il turno con lui, tornato in servizio".
Marta, 24 anni, ha effettuato soprattutto dimissioni e spostamenti. Tra le immagini che le sono rimaste in mente, quella gioiosa di una nonnina uscita dall'ospedale da campo dei Samaritani, che "mi veniva incontro trotterellando tutta contenta con la sua borsina". Ma anche meno liete, come quando da Crema ha trasportato tre persone ancora giovani, sotto i 40 anni, con destinazione Cremona: "Arrivati all'ospedale, non si sapeva in quale reparto metterli, c'era una grande confusione, abbiamo atteso in ambulanza due ore e anche noi eravamo spaesati".
I giovani della Croce Verde hanno fatto un super-lavoro anche psicologico, nell'assenza dei loro colleghi con più esperienza, rimasti a casa per precauzione o perchè contagiati. "Forse quello che mi è pesato di più in quel periodo è stato non poter vedere i miei nonni e poi avevo anche un po' paura per mia madre, che sta superando una malattia", dice ancora Marta.
Samuele, 20 anni, al primo anno del corso di laurea in Infermieristica, ha un conteggio preciso di quante ore ha passato in servizio nel periodo più intenso: "497, dal 1 marzo al 24 maggio, le ho dovute segnare per la scuola". Volontario da poco più di un anno, "i racconti più brutti me li ha portati a casa papà", Luciano, presidente dell'associazione. "Sabato 22 febbraio mi chiamano, vado con Sebastian a Casalbuttano, per un bambino di 4 anni: dopo pochi minuti ha smesso di piangere, ma la cosa straziante è stato vedere la preoccupazione della madre. Poi ricordo la frase di un signore che avevamo portato in ospedale per fare il tampone: "Spero che finisca presto - ci ha detto - lo spero per voi, non per me. Voi siete così giovani' e lo diceva con le lacrime agli occhi. Era preoccupato per noi". Ma ci sono state anche lacrime di gioia: "Quando ad esempio ho riportato a casa un signore di 85 anni, ricoverato per tanto tempo, e ad aspettarlo c'era la moglie di 90, una bellissima scena di felicità".
Tra questi giovani c'è anche chi ha fatto parte dell'equipaggio che ha fatto nascere in casa un bambino: era la notte tra il 16 e 17 marzo, la mamma era sola in casa, Covid positiva, con il marito in ospedale.
Il volontariato ha privato questi ragazzi di ore di sonno (la sala riunioni era diventata un dormitorio in quei mesi) ma non di soddisfazioni. Una delle più belle? L'applauso corale al loro indirizzo, che si è levato dalle finestre di un condominio. L'amarezza più grande? Vedere tanti loro coetanei che se ne infischiano di distanze e mascherine. E vedere quanta sottovalutazione del pericolo vi sia in alcune scene di assembramenti come quelle di Napoli.